Leggi suntuarie
Le leggi suntuarie sono note in Italia fin dall'epoca romana e
costituiscono un prezioso documento per conoscere la moda in ogni tempo:
si tratta di dispositivi legislativi che limitavano il lusso nella moda
maschile e femminile, o obbligavano determinati gruppi sociali a
indossare segni distintivi. Già nel 215 a.C. la Lex Oppia cercava di
limitare la ricchezza degli abiti femmini li.
In seguito lo stesso Giulio Cesare e poi altri imperatori, intervennero
contro le vesti di uomini e donne stabilendone anche il prezzo. Con
l'avvento del Cristianesimo i documenti a nostra disposizione citano,
per i primi secoli, esclusivamente prediche di monaci o ecclesiastici
contro costumi considerati troppo audaci. I rappresentanti degli Stati Generali
In Italia le prime leggi suntuarie di cui si abbia notizia certa
riappaiono nel Duecento: erano colpiti acconciature, decorazioni,
gioielli, strascichi, pellicce. I colpevoli erano multati, oppure gli si
vietava l'assoluzione in chiesa, fatto gravissimo per il tempo. Dal
1500 in poi le leggi diventarono più dettagliate e minuziose e
cominciarono a colpire maggiormente le classi medie o popolari, in
specie la servitù, chiudendo un occhio sul lusso dei signori e delle
loro corti. Non potendo arginare realmente il lusso le leggi suntuarie
vi si adeguarono permettendo cose che nei secoli precedenti erano
proibite, come alcuni tipi di pelliccia o la moltiplicazione dei
gioielli sulle mani e su tutto il corpo. Esse variavano da città a
città, con maggiore durezza o tolleranza. A Firenze furono diverse le
leggi suntuarie emanate dalla Repubblica fiorentina fin dal 1330, per
arrivare al 19 ottobre 1546 con la legge “sopra gli ornamenti et abiti
degli uomini e delle donne” e alla riforma del 4 dicembre 1562 “sopra il
vestire abiti et ornamenti delle donne ed uomini della città di
Firenze”, emanate da Cosimo I De' Medici contro gli eccessi del lusso.
Venezia, città libera e ricca, era più clemente di altre. Esistevano
guardie delegate al controllo delle disposizioni emanate, che a volte
potevano entrare nelle case o raccogliere denunce premiando il
denunciante. Le reazioni delle donne, bersaglio preferito dei
legislatori, furono a volte di esplicita protesta, a volte di furbi
accomodamenti, come quando nascondevano lo strascico con spille per poi
scioglierlo alla prima occasione favorevole. Tra le leggi più
discriminanti vi erano quelle che colpivano gli ebrei, che erano
obbligati a portare un cappello a punta o un contrassegno colorato sul
braccio; per le prostitute era solitamente vietato lo sfoggio troppo
vistoso, mentre a volte dovevano indossare abiti di determinati colori o
segni distintivi. In seguito anche a coloro che furono giudicati
eretici si fece indossare un abito penitenziale, solitamente giallo.
Nonostante la loro severità le leggi suntuarie si dimostrarono di
scarsa efficacia e alla fine del Settecento erano quasi totalmente
disattese. Nel 1789 in Francia, alla vigilia della rivoluzione, i
borghesi si presentarono all'apertura degli Stati generali in abito nero
e cravatta bianca, indumenti che erano stati loro imposti per
umiliarli; a confronto l'aristocrazia era addobbata con estremo sfarzo.
Il drammatico contrasto provocò invece l'effetto opposto, e i semplici
abiti dei borghesi diventarono simbolo di pulizia morale e di nuovi
ideali; l'iniqua proibizione inoltre causò l'attuazione, come primo
provvedimento dell'Assemblea, dell'abolizione - almeno per il vestiario -
di ogni differenza di classe. wikipedia
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