SABATO 9-16-23-30 GENNAIO
presso i CORSI DELL'ATELIER VERONA
giovedì 15 ottobre 2015
martedì 13 ottobre 2015
Inizia il CORSO
"I Segreti del Guardaroba....." ®
Il 21 ottobre dalle 19 alle 22
e
il 24 ottobre dalle 9 alle 12 o dalle 14 alle 17
"I Segreti del Guardaroba....." ®
Il 21 ottobre dalle 19 alle 22
e
il 24 ottobre dalle 9 alle 12 o dalle 14 alle 17
(con orari serali e al sabato per agevolare gli allievi che lavorano)
Come organizzare il guardaroba perfetto: consigli e trucchi per sistemare,sostituire e rinnovare i capi che "Riposano" nel nostro Armadio.
E che spesso fingiamo di dimenticare.
1a ) lezione...
che cosa ci ricorda quell'abito,gonna,pantaloni....ecc .
Lo voglio salvare?
2a) lezione... ci divertiamo a cambiare stagione cucendo e rimodernando
3-4-5) Cucito che passione!!!!!!!
I Corsi dell'Atelier ®
info annattln@gmail.com
SANT'AMBROGIO DI VALPOLICELLA-VERONA
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SANT'AMBROGIO DI VALPOLICELLA-VERONA
domenica 3 maggio 2015
Storia della moda
Periodo antico
La moda europea prima di Cristo
Nel bacino del Mediterraneo, popolazioni come etruschi, greci, romani si vestirono sostanzialmente coi medesimi capi, seppure con alcune varianti. Si indossava una veste che variava di lunghezza a seconda del genere - chiamata in Grecia chitone e a Roma tunica; nello specifico era una sorta di rettangolo senza maniche fermato sulle spalle da fibule e in vita da una cintura. In epoca arcaica le donne greche indossavano anche il peplo ripiegato nella parte alta creando una mantellina lunga fino alla vita. La varietà delle vesti era data non tanto dal taglio, ma dalla capacità di creare panneggi, sbuffi e piegoline. Per fare ciò, veniva usata un'attrezzatura, conosciuta anche da altri popoli antichi, che serviva a mettere in forma l'abito. L'uso di una o più cinture, a volte disposte diagonalmente, aveva lo stesso scopo. Cultori della prestanza fisica e dello sport, i greci preferirono abiti che non costringevano il corpo e che permettevano scioltezza di movimento. Sopra la veste si portava un mantello più o meno lungo e pesante. I mantelli greci più usati furono la clamide corta e rettangolare, che per le sue dimensioni serviva per cavalcare, e l'himation, più grande e portato da entrambi i sessi, avvolto attorno al corpo in modo da lasciare la spalla destra scoperta.
Grecia antica
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Abbigliamento nell'antica Grecia.
L'abbigliamento dell'antica Grecia era generalmente di carattere molto semplice, spesso costituito da un unico rettangolo di stoffa, non cucito, ma drappeggiato intorno al corpo, con stili pressoché identici sia nell'abbigliamento maschile che in quello femminile. L'unico capo a fare parte unicamente del guardaroba femminile era il peplo. Tale moda rimase praticamente invariata nel corso degli anni, in cui cambiarono soltanto i tessuti ed i materiali utilizzati ed il modo in cui essi venivano indossati, a seconda del quale era possibile distinguere il diverso ceto sociale dell'indossatore.
Gli Etruschi
Gli etruschi indossavano come mantello la tebenna, ovale da cui si pensi derivi la toga romana. Solitamente allacciata con una fibula su una spalla, nell'ultimo periodo fu avvolta trasversalmente attorno al corpo lasciando un braccio libero. In generale i vestiti etruschi erano caratterizzati da colori molto brillanti.
Roma antica
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Abbigliamento nell'antica Roma.
Toga di imperatore romano
Al tempo dei primi re i romani indossavano tuniche e ampi mantelli probabilmente di derivazione etrusca. Per quanto riguarda l'uomo, l'abito usato nel periodo repubblicano prima e imperiale poi, fu la toga, un enorme mantello ovale in lana o lino, avvolto attorno al corpo a formare fitte pieghe verticali che venivano usate anche come tasche. Questo mantello dava alla figura l'aspetto virile e statuario che si confaceva al cittadino della potente Roma, intendendo per questo non colui che vi abitava, ma chi aveva ricevuto la cittadinanza come titolo onorifico. La toga conobbe un'evoluzione stilistica dalla repubblica all'impero. Se ne usavano di vari tipi, da quelle senatoriali orlate da una fascia di porpora, a quelle candide indossate da chi concorreva una carica politica (da cui deriva la parola candidato) a quelle di colore scuro per chi era in lutto. Nell'ultimo periodo dell'impero la toga si era talmente appesantita di ricami e decorazioni da essere abbandonata in favore di mantelli più liberi e sciolti. Le conquiste in Europa e in Asia influenzarono notevolmente la moda romana: furono introdotte le braghe e le maniche di origine orientale. Nel tardo impero maniche strette furono applicate alla tunica, mentre la dalmatica, indumento proveniente probabilmente dalla Dalmazia, le ebbe piuttosto larghe.
La donna romana non aveva la libertà dell'uomo, tant'è che poteva uscire di casa solo accompagnata e ricoperta da un mantello portato anche sul capo. Le prime statue che la raffigurano ne esaltano la virtù della "pudicitia". La matrona indossava varie vesti sovrapposte: la tunica intima, la tunica, la stola, ossia una veste senza maniche fermata sulle spalle da fibule. Nel periodo dell'impero le acconciature femminili diventarono estremamente elaborate: le mode erano lanciate dalle mogli degli imperatori che si facevano raffigurare con l'acconciatura preferita che, ripetuta in copia nei busti marmorei, veniva imitata dalle altre. La matrona aveva una schiava appositamente incaricata l'ornatrix, che ogni mattina eseguiva ricci, corone, trecce. Dopo Nerone le acconciature diventarono torreggianti. Frequentissime erano le parrucche: le più ricercate erano quelle bionde, fatte con capelli di adolescenti germanici, mentre per quelle nere si utilizzavano i capelli delle donne orientali.
I bizantini
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Storia della moda bizantina.
Il mosaico nella Basilica di San Vitale raffigurante Giustiniano ed il suo seguito
La moda bizantina, chiaramente osservabile nei numerosi mosaici ravennati, in particolare in quelli dell'abside della Basilica di San Vitale, si diffuse in Europa soprattutto da quando l'imperatore Costantino, nel 330 d.C., trasferì la capitale da Roma a Bisanzio, ribattezzata poi Costantinopoli.
Importantissimo centro culturale, Costantinopoli diventò un punto di riferimento anche per l'abbigliamento, che si arricchì di influenze orientali. Di particolare rilievo fu l'introduzione della seta: bozzoli di bachi, secondo la leggenda narrata dallo storico Procopio, furono portati dalla Cina in Europa nel bastone cavo di due monaci. A Costantinopoli la produzione serica era severamente controllata da editti imperiali che ne limitavano l'uso ai ceti dominanti. Anche l'uso della porpora, colorante costosissimo ricavato da un mollusco, era riservato alla corte.
Teodora e le sue dame
In quanto alle forme degli abiti la moda non fu che un proseguimento della tarda romanità. Gli uomini usavano la tunica con le maniche, portata sopra un'altra tunica interiore, le braghe e la clamide. Quest'ultima, copiata dai romani alla moda greca, e notevolmente allungatasi, viene rappresentata con un inserto romboidale, il tablion, considerato un simbolo di potere e dignità. Nel mosaico in San Vitale l'imperatore Giustiniano ne porta una in porpora e panno aureo, mentre gli uomini del seguito hanno una clamide bianca con tablion purpureo.
Ricchissimo era anche l'abbigliamento femminile: nel mosaico citato, a fronte di Giustiniano, l'imperatrice Teodora indossa anch'essa tunica e clamide ricamata con i Re Magi in processione. Teodora si distingue per lo splendore dei suoi gioielli: un grande diadema con perle e gemme, lunghi orecchini e una mantellina anch'essa incastonata di pietre preziose. Le dame che l'affiancano indossano dalmatiche e mantelli più corti. La dalmatica era spesso ornata da strisce verticali; nei mosaici della Basilica di Sant'Apollinare Nuovo, questo indumento presenta solo per le donne l'orlo tagliato sbieco. Gli uomini invece indossano sulla tunica il pallium, mantello di origine greca.
wikipedia
Periodo antico
La moda europea prima di Cristo
Nel bacino del Mediterraneo, popolazioni come etruschi, greci, romani si vestirono sostanzialmente coi medesimi capi, seppure con alcune varianti. Si indossava una veste che variava di lunghezza a seconda del genere - chiamata in Grecia chitone e a Roma tunica; nello specifico era una sorta di rettangolo senza maniche fermato sulle spalle da fibule e in vita da una cintura. In epoca arcaica le donne greche indossavano anche il peplo ripiegato nella parte alta creando una mantellina lunga fino alla vita. La varietà delle vesti era data non tanto dal taglio, ma dalla capacità di creare panneggi, sbuffi e piegoline. Per fare ciò, veniva usata un'attrezzatura, conosciuta anche da altri popoli antichi, che serviva a mettere in forma l'abito. L'uso di una o più cinture, a volte disposte diagonalmente, aveva lo stesso scopo. Cultori della prestanza fisica e dello sport, i greci preferirono abiti che non costringevano il corpo e che permettevano scioltezza di movimento. Sopra la veste si portava un mantello più o meno lungo e pesante. I mantelli greci più usati furono la clamide corta e rettangolare, che per le sue dimensioni serviva per cavalcare, e l'himation, più grande e portato da entrambi i sessi, avvolto attorno al corpo in modo da lasciare la spalla destra scoperta.
Grecia antica
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Abbigliamento nell'antica Grecia.
L'abbigliamento dell'antica Grecia era generalmente di carattere molto semplice, spesso costituito da un unico rettangolo di stoffa, non cucito, ma drappeggiato intorno al corpo, con stili pressoché identici sia nell'abbigliamento maschile che in quello femminile. L'unico capo a fare parte unicamente del guardaroba femminile era il peplo. Tale moda rimase praticamente invariata nel corso degli anni, in cui cambiarono soltanto i tessuti ed i materiali utilizzati ed il modo in cui essi venivano indossati, a seconda del quale era possibile distinguere il diverso ceto sociale dell'indossatore.
Gli Etruschi
Gli etruschi indossavano come mantello la tebenna, ovale da cui si pensi derivi la toga romana. Solitamente allacciata con una fibula su una spalla, nell'ultimo periodo fu avvolta trasversalmente attorno al corpo lasciando un braccio libero. In generale i vestiti etruschi erano caratterizzati da colori molto brillanti.
Roma antica
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Abbigliamento nell'antica Roma.
Toga di imperatore romano
Al tempo dei primi re i romani indossavano tuniche e ampi mantelli probabilmente di derivazione etrusca. Per quanto riguarda l'uomo, l'abito usato nel periodo repubblicano prima e imperiale poi, fu la toga, un enorme mantello ovale in lana o lino, avvolto attorno al corpo a formare fitte pieghe verticali che venivano usate anche come tasche. Questo mantello dava alla figura l'aspetto virile e statuario che si confaceva al cittadino della potente Roma, intendendo per questo non colui che vi abitava, ma chi aveva ricevuto la cittadinanza come titolo onorifico. La toga conobbe un'evoluzione stilistica dalla repubblica all'impero. Se ne usavano di vari tipi, da quelle senatoriali orlate da una fascia di porpora, a quelle candide indossate da chi concorreva una carica politica (da cui deriva la parola candidato) a quelle di colore scuro per chi era in lutto. Nell'ultimo periodo dell'impero la toga si era talmente appesantita di ricami e decorazioni da essere abbandonata in favore di mantelli più liberi e sciolti. Le conquiste in Europa e in Asia influenzarono notevolmente la moda romana: furono introdotte le braghe e le maniche di origine orientale. Nel tardo impero maniche strette furono applicate alla tunica, mentre la dalmatica, indumento proveniente probabilmente dalla Dalmazia, le ebbe piuttosto larghe.
La donna romana non aveva la libertà dell'uomo, tant'è che poteva uscire di casa solo accompagnata e ricoperta da un mantello portato anche sul capo. Le prime statue che la raffigurano ne esaltano la virtù della "pudicitia". La matrona indossava varie vesti sovrapposte: la tunica intima, la tunica, la stola, ossia una veste senza maniche fermata sulle spalle da fibule. Nel periodo dell'impero le acconciature femminili diventarono estremamente elaborate: le mode erano lanciate dalle mogli degli imperatori che si facevano raffigurare con l'acconciatura preferita che, ripetuta in copia nei busti marmorei, veniva imitata dalle altre. La matrona aveva una schiava appositamente incaricata l'ornatrix, che ogni mattina eseguiva ricci, corone, trecce. Dopo Nerone le acconciature diventarono torreggianti. Frequentissime erano le parrucche: le più ricercate erano quelle bionde, fatte con capelli di adolescenti germanici, mentre per quelle nere si utilizzavano i capelli delle donne orientali.
I bizantini
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Storia della moda bizantina.
Il mosaico nella Basilica di San Vitale raffigurante Giustiniano ed il suo seguito
La moda bizantina, chiaramente osservabile nei numerosi mosaici ravennati, in particolare in quelli dell'abside della Basilica di San Vitale, si diffuse in Europa soprattutto da quando l'imperatore Costantino, nel 330 d.C., trasferì la capitale da Roma a Bisanzio, ribattezzata poi Costantinopoli.
Importantissimo centro culturale, Costantinopoli diventò un punto di riferimento anche per l'abbigliamento, che si arricchì di influenze orientali. Di particolare rilievo fu l'introduzione della seta: bozzoli di bachi, secondo la leggenda narrata dallo storico Procopio, furono portati dalla Cina in Europa nel bastone cavo di due monaci. A Costantinopoli la produzione serica era severamente controllata da editti imperiali che ne limitavano l'uso ai ceti dominanti. Anche l'uso della porpora, colorante costosissimo ricavato da un mollusco, era riservato alla corte.
Teodora e le sue dame
In quanto alle forme degli abiti la moda non fu che un proseguimento della tarda romanità. Gli uomini usavano la tunica con le maniche, portata sopra un'altra tunica interiore, le braghe e la clamide. Quest'ultima, copiata dai romani alla moda greca, e notevolmente allungatasi, viene rappresentata con un inserto romboidale, il tablion, considerato un simbolo di potere e dignità. Nel mosaico in San Vitale l'imperatore Giustiniano ne porta una in porpora e panno aureo, mentre gli uomini del seguito hanno una clamide bianca con tablion purpureo.
Ricchissimo era anche l'abbigliamento femminile: nel mosaico citato, a fronte di Giustiniano, l'imperatrice Teodora indossa anch'essa tunica e clamide ricamata con i Re Magi in processione. Teodora si distingue per lo splendore dei suoi gioielli: un grande diadema con perle e gemme, lunghi orecchini e una mantellina anch'essa incastonata di pietre preziose. Le dame che l'affiancano indossano dalmatiche e mantelli più corti. La dalmatica era spesso ornata da strisce verticali; nei mosaici della Basilica di Sant'Apollinare Nuovo, questo indumento presenta solo per le donne l'orlo tagliato sbieco. Gli uomini invece indossano sulla tunica il pallium, mantello di origine greca.
wikipedia
domenica 26 aprile 2015
Diffusione della moda
Fino all'invenzione dei primi giornali nel Seicento, la moda si diffuse in modo lento, per poi accelerare il suo sviluppo. Prima e dopo quel secolo, guerre, viaggi, matrimoni, lettere di signori e perfino spionaggio, furono i sistemi più usuali per conoscere nuove fogge. Tipico è l'esempio delle conquiste dell'Impero romano che introdussero in Italia le braghe, le maniche, la pelliccia. In quanto allo spionaggio, ossia alla propagazione illecita di informazioni sui metodi di lavorazione originali, era proibito dalle corporazioni con pene severissime.
L'esplorazione dell'Oriente sui percorsi della Via della seta servì a far conoscere motivi insoliti che furono in particolare usati per la realizzazione di tessuti in seta. Nel Trecento, draghi, grifoni, pappagalli e il Chi, ossia la nuvola stilizzata cinese, popolarono le decorazioni tessili delle stoffe lucchesi. I viaggi dei mercanti furono assai proficui per la conoscenza di nuove fogge. Nel Trittico Portinari di Hugo van der Goes del XV secolo, conservato alle Gallerie degli Uffizi a Firenze, il banchiere Tommaso Portinari e la moglie sono rappresentati in vesti fiamminghe. In particolare la donna indossa lo hennin, fiabesco copricapo a cono completato da un lungo velo, assai di moda in Francia e nel Nord Europa, ma poco usato in Italia.
Hennin 1474-1476
Nel Cinquecento cominciarono a diffondersi le pupe, bambole di piccole dimensioni vestite all'ultima moda e curate nei minimi dettagli. Il re di Francia Francesco I fece scrivere a Isabella d'Este duchessa di Mantova e maestra di mode, una lettera per farsi inviare Una pupa [1]. Dal XVI secolo anche a Venezia veniva esposta alle Mercerie una bambola detta "piavola de Franza" che mostrava gli ultimi modelli, subito copiati. La bambola è stata resa famosa da Carlo Goldoni che nella sua commedia I Rusteghi cita un detto evidentemente diffuso a Venezia che paragona una signora elegante alla piavola de Franza. Il matrimonio di Caterina de Medici con Enrico II, portò in Francia fogge e profumi italiani molto apprezzati all'estero. Intanto la stampa stava facendo progressi, passando dalla xilografia all'incisione su metallo.
Il pittore Cesare Vecellio ci ha lasciato un volume, datato alla fine del Cinquecento e intitolato De gli habiti antichi et moderni di diverse parti del mondo che ha avuto una fortuna enorme surclassando la sua fama di artista. Il testo, ricchissimo di incisioni e descrizioni, parla non solo delle mode venete, ma anche di quelle di altre regioni italiane, senza trascurare le mode estere, specie orientali. Anche le incisioni sul costume e i Libri di figurini per sarti, che mostravano gli abiti interi e i loro modelli, furono efficaci propagatori di fogge.
Alla diffusione del fenomeno contribuisce la nascita del giornalismo di moda, che si sviluppa nella seconda metà del XVII secolo. Nel 1672 fu fondato in Francia il Mercure Galant, nato come bollettino letterario, giornale di pettegolezzi e di moda. Al Mercure Galant fecero seguito, specie nel Settecento, numerosi altri giornali, che solitamente copiavano senza riguardo ai modelli francesi, che durante il secolo erano all'avanguardia in tutta Europa. Tipico caso italiano sono il Giornale delle Nuove mode di Francia e d'Inghilterra, e il Corriere delle Dame, che continuò la sua pubblicazione anche nell'Ottocento. Bisognerà attendere il secolo successivo, dopo l'abolizione di leggi, dazi, barriere doganali, perché la stampa di moda si diffonda liberamente in tutto il mondo.
wikipedia
Fino all'invenzione dei primi giornali nel Seicento, la moda si diffuse in modo lento, per poi accelerare il suo sviluppo. Prima e dopo quel secolo, guerre, viaggi, matrimoni, lettere di signori e perfino spionaggio, furono i sistemi più usuali per conoscere nuove fogge. Tipico è l'esempio delle conquiste dell'Impero romano che introdussero in Italia le braghe, le maniche, la pelliccia. In quanto allo spionaggio, ossia alla propagazione illecita di informazioni sui metodi di lavorazione originali, era proibito dalle corporazioni con pene severissime.
L'esplorazione dell'Oriente sui percorsi della Via della seta servì a far conoscere motivi insoliti che furono in particolare usati per la realizzazione di tessuti in seta. Nel Trecento, draghi, grifoni, pappagalli e il Chi, ossia la nuvola stilizzata cinese, popolarono le decorazioni tessili delle stoffe lucchesi. I viaggi dei mercanti furono assai proficui per la conoscenza di nuove fogge. Nel Trittico Portinari di Hugo van der Goes del XV secolo, conservato alle Gallerie degli Uffizi a Firenze, il banchiere Tommaso Portinari e la moglie sono rappresentati in vesti fiamminghe. In particolare la donna indossa lo hennin, fiabesco copricapo a cono completato da un lungo velo, assai di moda in Francia e nel Nord Europa, ma poco usato in Italia.
Hennin 1474-1476
Nel Cinquecento cominciarono a diffondersi le pupe, bambole di piccole dimensioni vestite all'ultima moda e curate nei minimi dettagli. Il re di Francia Francesco I fece scrivere a Isabella d'Este duchessa di Mantova e maestra di mode, una lettera per farsi inviare Una pupa [1]. Dal XVI secolo anche a Venezia veniva esposta alle Mercerie una bambola detta "piavola de Franza" che mostrava gli ultimi modelli, subito copiati. La bambola è stata resa famosa da Carlo Goldoni che nella sua commedia I Rusteghi cita un detto evidentemente diffuso a Venezia che paragona una signora elegante alla piavola de Franza. Il matrimonio di Caterina de Medici con Enrico II, portò in Francia fogge e profumi italiani molto apprezzati all'estero. Intanto la stampa stava facendo progressi, passando dalla xilografia all'incisione su metallo.
Il pittore Cesare Vecellio ci ha lasciato un volume, datato alla fine del Cinquecento e intitolato De gli habiti antichi et moderni di diverse parti del mondo che ha avuto una fortuna enorme surclassando la sua fama di artista. Il testo, ricchissimo di incisioni e descrizioni, parla non solo delle mode venete, ma anche di quelle di altre regioni italiane, senza trascurare le mode estere, specie orientali. Anche le incisioni sul costume e i Libri di figurini per sarti, che mostravano gli abiti interi e i loro modelli, furono efficaci propagatori di fogge.
Alla diffusione del fenomeno contribuisce la nascita del giornalismo di moda, che si sviluppa nella seconda metà del XVII secolo. Nel 1672 fu fondato in Francia il Mercure Galant, nato come bollettino letterario, giornale di pettegolezzi e di moda. Al Mercure Galant fecero seguito, specie nel Settecento, numerosi altri giornali, che solitamente copiavano senza riguardo ai modelli francesi, che durante il secolo erano all'avanguardia in tutta Europa. Tipico caso italiano sono il Giornale delle Nuove mode di Francia e d'Inghilterra, e il Corriere delle Dame, che continuò la sua pubblicazione anche nell'Ottocento. Bisognerà attendere il secolo successivo, dopo l'abolizione di leggi, dazi, barriere doganali, perché la stampa di moda si diffonda liberamente in tutto il mondo.
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domenica 19 aprile 2015
venerdì 17 aprile 2015
Storia del cucito
Il cucito non è un'invenzione recente, come molti pensano, ma affonda le sue radici nella notte dei tempi, quando gli uomini primitivi sentirono la necessità di doversi coprire per ripararsi dal freddo.L'uomo preistorico, infatti, non si copriva semplicemente avvolgendosi una pelle al corpo, ma utilizzava già le tecniche del taglio e del cucito che poi abbiamo tramandato fino ai giorni nostri, sofisticandole per semplificarne il lavoro.
Essendo molto ingegnosi, i primitivi furono in grado di realizzare degli strumenti adatti ai loro scopi, rinvenuti in molti scavi archeologici. Si tratta di selci affilatissime che servivano loro per scarnificare, tagliare e raschiare le pelli, oppure punteruoli di osso, antenati dei nostri aghi, con i quali bucavano le pelli per infilarci liane e tendini in modo da tenere insieme parti diverse, precorrendo l'uso attuale del filo.
L'invenzione delle forbici, utilizzate al posto delle selci, risale ad esempio alla seconda età del ferro. Esempi di alcuni prototipi sono stati ritrovati in scavi in Germania e Francia.
Nel Medioevo, troviamo la raffigurazione delle forbici in numerosi bassorilievi, documenti importanti che raccontano della prolifica attività dei sarti, meritoria di essere tramandata alle società future.
Anche il Rinascimento ce ne ha lasciato numerose testimonianze nei bassorilevi, ma qui ammiriamo anche una nuova raffinatezza estetica più o meno marcata, in base al loro uso.
È in questo periodo, infatti, che il ricamo comincia a diventare un'arte, oltre a un'attività, ed è ambita da tutte le fanciulle, di qualsiasi grado sociale. Molte forbici raffinatamente decorate, servivano probabilmente a tale scopo.
Non dimentichiamo, però, che l'attività del ricamo è nota da tempi anch'essi immemorabili. A causa della deteriorabilità dei materiali, non abbiamo molti documenti pervenutici, ma alcuni pezzi ritrovati in zone archeologiche dell'Egitto ne testimoniano la pratica risalente al 500 a.C.
Nell'Ottocento, le corporazioni di sarti, dei merciaioli, drappieri ecc., iniziarono ad usare l'immagine delle forbici quale simbolo della loro attività, utilizzata nei loro stemmi e nei loro statuti.
Ed è proprio del 1830 l'invenzione di un prototipo di macchina per cucire, ideata dal francese Thimonnier che, dal lavoro all'uncinetto, prese l'idea di fare lavorare un ago.
Nel 1851 Graver e Baker inventarono una macchina che lavorava a due aghi e infine Singer ne inventò una manuale che eseguiva solo cuciture dritte.
Nel tempo, la macchina per cucire è diventata sempre più sofisticata e prevede punti semplici ma anche ricami decorativi.
Stoffe, ago, filo e fantasia: il cucito creativo
Il cucito, partendo dalla necessità di unire stoffe diverse per realizzare abiti, biancheria, tappezzeria ecc. si è dimostrata essere per molti un'attività rilassante tanto da dare vita al cucito creativo che, negli ultimi anni, sta avendo milioni di appassionati in tutto il mondo. Grazie all'utilizzo di stoffe, ago e filo, spesso combinati anche con vari e diversi materiali, si possono realizzare pupazzi in stoffa, oggetti per la casa, regali per parenti e amici. Anche chi ha poca dimestichezza con ago e filo può imparare in fretta frequentando un corso di cucito creativo o sfogliando un libro - tutorial.Il cucito creativo è quindi figlio del cucito tradizionale ma con l'aggiunta della creatività che dà modo di realizzare dei manufatti originali che arricchiranno la nostra casa e renderanno felici chi li riceve in dono!
DA L'ARTE DEL FARE SUL WEB
PUNTO CROCE
Il ricamo a punto croce risale a tempi antichissimi, tanto da non sapere con precisione dove e quando abbia avuto origine. Già nell'858 furono trovati, in Asia Centrale, reperti di tale tecnica.
È nel Medioevo però che la tecnica del punto croce comincia la sua vera storia. L'influenza dell'arte bizantina (nella Bisanzio medievale gli abiti delle corti, i paramenti sacerdotali e gli abiti dei facoltosi, erano ricchi di ricami di origine persiana) si estende nell'Europa Meridionale e conquista successivamente il resto del Vecchio Continente, grazie all'impiego di essa nelle vesti ecclesiastiche.
In Europa, tra il X e il XIII secolo il ricamo a punto croce veniva praticato dalle castellane nelle loro lunghe giornate passate ad aspettare i loro uomini partiti per le guerre sante. I disegni, per lo più copiati dai tappeti portati dai crociati dall'Oriente, venivano fatti su tela di lino e ricamati con fili di seta o lana più o meno del colore dello stesso tessuto. Scarso era l'utilizzo del cotone, rarissimo, a quei tempi, e di poche varietà di colori.
Col Rinascimento il punto croce diventa una delle basi dell'educazione femminile ed è molto usato nelle chiese per ornamenti sacri e per guarnire maniche e orli di abiti. È in questo periodo che nasce l'imparaticcio, ovvero un pezzo di stoffa, generalmente di lino, sulla quale ragazze e bambine ricamavano i propri esercizi di punto croce per imparare tecnica e nuovi disegni (soprattutto lettere e cifre e simboli religiosi e stilizzati); l'imparaticcio viene chiamato nei paesi anglosassoni sampler, dal latino exemplum, mentre nei paesi di lingua francese assume il nome di marquoir, poiché il punto croce veniva chiamato point de marque dall'usanza di marcare cioè di apporre le proprie iniziali sulla biancheria ricamata proprio con questo tipo di ricamo. Tali imparaticci fungono da vera e propria enciclopedia del ricamo, tramandabile ed estensibile di generazione in generazione, piena di spunti per comporre nuovi decori. Diversi i materiali impiegati, fili di seta o di lana, tele di lino grezzo e fine: più raro il cotone, non ancora molto diffuso. Verso il 1500 iniziano a circolare in Germania, in Francia e in Italia i primi schemi stampati con motivi floreali e animali, disegni ancora sempre ispirati all'Oriente.
Nel XVIII secolo i disegni diventano più raffinati e realistici raffigurando anche soggetti paesaggistici; ma è nel XIX secolo che si ha il vero boom del punto croce, quando i "sampler", sempre più complessi ed elaborati, entrano a far parte del corredo delle giovani spose come repertorio di motivi da utilizzare nel corso della loro vita matrimoniale.
Agli inizi del XX secolo, però, il punto croce ha un brusco declino, perché l'avvento dello Stile Liberty richiede tipi di ricamo più articolati e svolazzanti. Inoltre, durante le lotte per l'emancipazione femminile, il ricamo viene volutamente accantonato in quanto ritenuto un'attività troppo domestica e frustrante. È solo nei recenti anni ottanta che torna alla ribalta: la donna ha raggiunto i suoi obiettivi e si avvicina nuovamente al ricamo
Il ricamo a punto croce risale a tempi antichissimi, tanto da non sapere con precisione dove e quando abbia avuto origine. Già nell'858 furono trovati, in Asia Centrale, reperti di tale tecnica.
È nel Medioevo però che la tecnica del punto croce comincia la sua vera storia. L'influenza dell'arte bizantina (nella Bisanzio medievale gli abiti delle corti, i paramenti sacerdotali e gli abiti dei facoltosi, erano ricchi di ricami di origine persiana) si estende nell'Europa Meridionale e conquista successivamente il resto del Vecchio Continente, grazie all'impiego di essa nelle vesti ecclesiastiche.
In Europa, tra il X e il XIII secolo il ricamo a punto croce veniva praticato dalle castellane nelle loro lunghe giornate passate ad aspettare i loro uomini partiti per le guerre sante. I disegni, per lo più copiati dai tappeti portati dai crociati dall'Oriente, venivano fatti su tela di lino e ricamati con fili di seta o lana più o meno del colore dello stesso tessuto. Scarso era l'utilizzo del cotone, rarissimo, a quei tempi, e di poche varietà di colori.
Col Rinascimento il punto croce diventa una delle basi dell'educazione femminile ed è molto usato nelle chiese per ornamenti sacri e per guarnire maniche e orli di abiti. È in questo periodo che nasce l'imparaticcio, ovvero un pezzo di stoffa, generalmente di lino, sulla quale ragazze e bambine ricamavano i propri esercizi di punto croce per imparare tecnica e nuovi disegni (soprattutto lettere e cifre e simboli religiosi e stilizzati); l'imparaticcio viene chiamato nei paesi anglosassoni sampler, dal latino exemplum, mentre nei paesi di lingua francese assume il nome di marquoir, poiché il punto croce veniva chiamato point de marque dall'usanza di marcare cioè di apporre le proprie iniziali sulla biancheria ricamata proprio con questo tipo di ricamo. Tali imparaticci fungono da vera e propria enciclopedia del ricamo, tramandabile ed estensibile di generazione in generazione, piena di spunti per comporre nuovi decori. Diversi i materiali impiegati, fili di seta o di lana, tele di lino grezzo e fine: più raro il cotone, non ancora molto diffuso. Verso il 1500 iniziano a circolare in Germania, in Francia e in Italia i primi schemi stampati con motivi floreali e animali, disegni ancora sempre ispirati all'Oriente.
Nel XVIII secolo i disegni diventano più raffinati e realistici raffigurando anche soggetti paesaggistici; ma è nel XIX secolo che si ha il vero boom del punto croce, quando i "sampler", sempre più complessi ed elaborati, entrano a far parte del corredo delle giovani spose come repertorio di motivi da utilizzare nel corso della loro vita matrimoniale.
Agli inizi del XX secolo, però, il punto croce ha un brusco declino, perché l'avvento dello Stile Liberty richiede tipi di ricamo più articolati e svolazzanti. Inoltre, durante le lotte per l'emancipazione femminile, il ricamo viene volutamente accantonato in quanto ritenuto un'attività troppo domestica e frustrante. È solo nei recenti anni ottanta che torna alla ribalta: la donna ha raggiunto i suoi obiettivi e si avvicina nuovamente al ricamo
Sarà forse per la
crisi, ma soprattutto perchè certi saperi antichi non si possono
dimenticare,
che il cucito e l’arte del saper confezionare da sè un abito o un maglione sono di grande attualità.
E così aggiustare uno strappo o sostituire un bottone grazie ai consigli di questo quaderno non sono più un problema,
ma possono diventare anche un piacevole ed economico divertimento.
Insieme a una serie di utili consigli di economia domestica.
che il cucito e l’arte del saper confezionare da sè un abito o un maglione sono di grande attualità.
E così aggiustare uno strappo o sostituire un bottone grazie ai consigli di questo quaderno non sono più un problema,
ma possono diventare anche un piacevole ed economico divertimento.
Insieme a una serie di utili consigli di economia domestica.
mercoledì 15 aprile 2015
Come Prendere le Misure
Per prendere in modo corretto le misure bisogna applicare alcune regole.
A) La persona deve stare dritta,niente posizioni piegate.
B)Non prendere le misure su indumenti troppo voluminosi.
C)Scrivere ogni misura rilevata.
D)Il Metro va tenuto stretto intorno alla figura( eventuali aumenti di lentezza sono compresi nelle costruzioni tecniche.
Lo schema disegna le zone esatte dove rilevare le misure per un capo su Misura.
Per prendere in modo corretto le misure bisogna applicare alcune regole.
A) La persona deve stare dritta,niente posizioni piegate.
B)Non prendere le misure su indumenti troppo voluminosi.
C)Scrivere ogni misura rilevata.
D)Il Metro va tenuto stretto intorno alla figura( eventuali aumenti di lentezza sono compresi nelle costruzioni tecniche.
Lo schema disegna le zone esatte dove rilevare le misure per un capo su Misura.
Schema Davanti
1-lunghezza totale
2-altezza seno
3-lunghezza vita davanti
4-circonferenza seno
5-circonferenza vita
6-circonferenza fianco
7-larghezza braccio
10.altezza ginocchio
Scheda Dietro
1-lunghezza totale
3/1-lunghezza vita dietro
8-altezza gomito
9-larghezza spalle
16 - giro collo davanti/dietro
1-lunghezza totale
2-altezza seno
3-lunghezza vita davanti
4-circonferenza seno
5-circonferenza vita
6-circonferenza fianco
7-larghezza braccio
10.altezza ginocchio
Scheda Dietro
1-lunghezza totale
3/1-lunghezza vita dietro
8-altezza gomito
9-larghezza spalle
16 - giro collo davanti/dietro
Carla Gozzi: "Una volta erano le spezie a colorare i tessuti"
Dal curry allo zafferano: "una volta erano proprio le spezie a colorare i tessuti naturali come il lino". Così Carla Gozzi, consulente di immagine e viso noto del canale 'Real Time' spiega come in realtà il mondo della moda e dell'alimentazione non sono poi così lontani: "basta pensare alla storicità della colorazione dei tessuti". A questo poi si aggiunge anche il forte appeal del tema e la necessità di sensibilizzare sulla scarsità delle risorse.Il rapporto moda- colori gioca poi un ruolo decisivo nella scelta dell'outfit. Ad esempio, raccomanda Carla "per scegliere l'outfit adatto per una serata la prima cosa da fare è capire quali sono le cromie dell'ambiente dove ci troveremo". I colori dell'ambiente circostante, ricorda Carla, "condizionano la scelta cromatica dell'abito". "Più siamo in linea con il luogo più ci sentiremo integrati". Anche perché "arrivare ad una cena in un ristorante etnico, chic e con luci soffuse, con un look molto pop sarebbe un errore di stile imperdonabile". Attenzione quindi ai colori e all'ambiente: "c'è sempre un legame".
Attualmente Carla Gozzi è impegnata con la seconda stagione di 'Dire, Fare, Baciare – Italia' , il programma in onda ogni sabato alle ore 13:20, su Real Time (Canale 31 Digitale Terrestre Free, Sky canali 124 e 125, Tivùsat Canale 31), dove le protagoniste saranno messe “a nudo” private del make up e dei vestiti stravaganti per essere sottoposte ad un totale “makeunder”
FASHIONMAG ITALIA
Un marchio di qualità per l'intera filiera tessile e moda
Un marchio di qualità che interessi l'intera filiera tessile e della
moda che garantisca la provenienza dei prodotti e il rispetto dei
basilari principi di sostenibilità. Questa la proposta, spiega una nota,
al centro di un incontro svoltosi l'8 aprile scorso all'Accademia dei
Georgofili di Firenze dal titolo 'Lana e altre fibre naturali: risorse e
produzioni sostenibili per il futuro del tessile italiano'.
La produzione sostenibile è la strada obbligata che la filiera italiana del tessile e della moda dovrà seguire, nel medio e lungo termine, per mantenersi competitiva sul mercato nazionale e mondiale.
La sfida che il settore del tessile vedrà in futuro davanti è la ricerca di un corretto equilibrio tra salvaguardia delle risorse, realizzazione dei giusti profitti per le aziende e garanzia di un'elevata qualità dei prodotti per il consumatore.
Una sfida che un numero sempre maggiore di aziende (tra i relatori c'erano rappresentanti di Ferragamo e Fratelli Piacenza) ha deciso di affrontare ma che, per essere vinta, richiede necessariamente una condivisione di questa scelta in tutti i componenti della filiera e, soprattutto, un reale e concreto sostegno da parte delle amministrazioni pubbliche. In quest'ottica un apposito marchio di qualità, conclude la nota, rappresenta uno strumento fondamentale per potere fornire garanzie di qualità al consumatore e, ancora prima, per dimostrare la totale sostenibilità dei processi di produzione delle aziende che vi aderiscono.
La produzione sostenibile è la strada obbligata che la filiera italiana del tessile e della moda dovrà seguire, nel medio e lungo termine, per mantenersi competitiva sul mercato nazionale e mondiale.
La sfida che il settore del tessile vedrà in futuro davanti è la ricerca di un corretto equilibrio tra salvaguardia delle risorse, realizzazione dei giusti profitti per le aziende e garanzia di un'elevata qualità dei prodotti per il consumatore.
Una sfida che un numero sempre maggiore di aziende (tra i relatori c'erano rappresentanti di Ferragamo e Fratelli Piacenza) ha deciso di affrontare ma che, per essere vinta, richiede necessariamente una condivisione di questa scelta in tutti i componenti della filiera e, soprattutto, un reale e concreto sostegno da parte delle amministrazioni pubbliche. In quest'ottica un apposito marchio di qualità, conclude la nota, rappresenta uno strumento fondamentale per potere fornire garanzie di qualità al consumatore e, ancora prima, per dimostrare la totale sostenibilità dei processi di produzione delle aziende che vi aderiscono.
FASHIONMAG ITALIA
Parigi celebra il design italiano di inizio '900
Dallo stile Liberty alla nascita del design contemporaneo: la storia delle arti decorative nell'Italia di inizio Novecento viene celebrata in una mostra che si apre il 14 aprile fino al 13 settembre al Musée d'Orsay di Parigi e farà poi tappa a Roma al Palazzo delle Esposizioni dal 15 ottobre. Mentre al Musée des Arts Décoratifs, il 'braccio' del Louvre consacrato al design, continua la retrospettiva dedicata al genio creativo di Piero Fornasetti.In mostra al Musée d'Orsay, oltre 160 opere, tra mobili, dipinti, litografie, sculture, arazzi, ceramiche, fanno luce su decenni di grande creatività artistica che vanno dal 1900 al 1940, mentre il Paese attraversa uno dei periodi storici più bui e difficili, passando dal trauma della Prima guerra mondiale al fascismo.
"Può esistere un periodo di creatività straordinaria, ricco, complesso e pieno di entusiasmo mentre la nazione corre verso la catastrofe? Poteva esistere una 'Dolce vita' prima che Federico Fellini rendesse celebre questo termine negli anni Sessanta?", si chiede Guy Cogeval, il presidente del museo d'Orsay e tra i curatori della mostra (intitolata appunto 'Dolce vita? Dal liberty al design italiano') insieme a Beatrice Avanzi, Irene de Guttry e Maria Paola Maino. Secondo lui, "le arti decorative, dai mobili eccentrici di Carlo Bugatti, alle invenzioni dei Futuristi, fino alle inaspettate sedie rosse di Marcello Piacentini, ci parlano di una creatività gioiosa, di una capacità inventiva senza limiti, ma soprattutto definiscono un 'carattere italiano' che ancora oggi contraddistingue il design, la moda, l'arte".
La rassegna segue un percorso cronologico, tra arti decorative e arti plastiche: si parte dall'affermazione, a inizio Novecento, dell'Art Nouveau, noto in Italia come 'stile Liberty', caratterizzato da linee curve ispirate alla natura, che si impose nel clima di ottimismo del governo Giolitti con la prima Esposizione Internazionale delle arti Decorative di Torino del 1902. Ci sono i mobili rivestiti di pergamena dalle forme fantastiche e zoomorfe di Carlo Bugatti, e quelli con intarsi di madreperla di Eugenio Quarti, o ancora le opere in ferro battuto ispirate alla natura di Alessandro Mazzucotelli. La loro arte si ricollega all'opera dei pittori divisionisti come Previati, Segatini, Pellizza da Volpedo.
Al gusto Liberty, divenuto lo stile dominante della nuova classe borghese, si oppone il movimento Futurista, nato nel 1909 col manifesto di Tommaso Marinetti ma che si estende alle arti decorative solo dopo la Prima guerra mondiale. In mostra opere di Gino Severini, Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Luigi Russolo.
Una sezione intitolata 'Metafisica' traduce gli anni del 'ritorno all'ordine' che seguono in tutta Europa la stagione delle avanguardie, e che assumono in Italia diverse declinazioni nell'ambito delle arti plastiche e decorative, da De Chirico e Savino a Felice Casorati. Nel 1922 nasce il movimento 'Novecento italiano' che propone un ritorno al 'classicismo moderno', fondato su purezza di forme e armonia della composizione e destinato a divenire l'espressione ufficiale del regime fascista. Nelle arti decorative la figura dominante è quella dell'architetto Gio Ponti. La mostra si chiude con il movimento razionalista, caratterizzato da mobili dalle forme pure, prive di decorazioni, con materiali innovativi come il tubolare metallico, giungendo all'integrazione delle arti con il mondo dell'industria.
"Arte astratta e architettura razionalista - conclude il curatore - gettano le basi del nascente design industriale". Tra gli esempi più significativi, oggetti innovativi come la radio di Francesco Albini, la lampada Billa di Gio Ponti e la macchina da scrivere Olivetti di Aldo Magnelli.
FASHIONMAG ITALIA
lunedì 13 aprile 2015
Le scollature
Si chiamano scollature i colli delle maglie,abiti quando la loro forma lascia completamente scoperto il collo
Scollatura a V
Scollatura a forma di V che evidenzia più o meno il seno dell'indossatrice.
Scollatura a Barchetta
é una forma che segue la linea delle scapole
Scollatura Quadrata
è una scollatura dritta negli angoli a formare 3 lati diun quadrato.
Scollatura a Giro collo
scollo che segue il giro del collo ( puo essere più profondo)
Scollatura a Cuore
è una scollatura a forma quadrata con linee rotonde
Scollatura a Cappuccio
è una scollatura drappeggiata,morbida sul sen
Si chiamano scollature i colli delle maglie,abiti quando la loro forma lascia completamente scoperto il collo
Scollatura a V
Scollatura a forma di V che evidenzia più o meno il seno dell'indossatrice.
Scollatura a Barchetta
é una forma che segue la linea delle scapole
Scollatura Quadrata
è una scollatura dritta negli angoli a formare 3 lati diun quadrato.
Scollatura a Giro collo
scollo che segue il giro del collo ( puo essere più profondo)
Scollatura a Cuore
è una scollatura a forma quadrata con linee rotonde
Scollatura a Cappuccio
è una scollatura drappeggiata,morbida sul sen
domenica 12 aprile 2015
La moda per pochi e la moda per tutti
Nell'Ottocento la tecnica sartoriale andò affinandosi rendendo più agevole indossare il vestito. Dal XIX secolo si iniziano a distinguere i primi stilisti, che creavano nuovi tagli, nuove stoffe e nuovi canoni nel modo di abbigliarsi, con l'adozione di nuovi abiti femminili quali il tailleur inventato alla fine del secolo dall'inglese Redfern. Lo stilista capovolse il rapporto tra il sarto e la cliente, che ora dipendeva dalle sue idee ed era ben felice di indossare un abito firmato da lui e realizzato nel suo atelier. Gli stilisti lavoravano solo per l'élite poiché i costi per l'ideazione e per la produzione erano molto alti. Questo nuovo impulso di riforma fu principalmente portato avanti da Charles Fréderic Worth, inglese trapiantato in Francia, considerato l'inventore della Haute Couture e sarto personale dell'imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III, e della sua corte, dal 1865.
Nell'Ottocento la tecnica sartoriale andò affinandosi rendendo più agevole indossare il vestito. Dal XIX secolo si iniziano a distinguere i primi stilisti, che creavano nuovi tagli, nuove stoffe e nuovi canoni nel modo di abbigliarsi, con l'adozione di nuovi abiti femminili quali il tailleur inventato alla fine del secolo dall'inglese Redfern. Lo stilista capovolse il rapporto tra il sarto e la cliente, che ora dipendeva dalle sue idee ed era ben felice di indossare un abito firmato da lui e realizzato nel suo atelier. Gli stilisti lavoravano solo per l'élite poiché i costi per l'ideazione e per la produzione erano molto alti. Questo nuovo impulso di riforma fu principalmente portato avanti da Charles Fréderic Worth, inglese trapiantato in Francia, considerato l'inventore della Haute Couture e sarto personale dell'imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III, e della sua corte, dal 1865.
La rivoluzione industriale nata in Inghilterra alla fine del XVIII
secolo, creò, nel campo della moda e della tessitura, macchine che
permettevano di tessere, tagliare e cucire con rapidità e a basso costo.
Tuttavia la moda si avvicinò alla massa solo verso la metà
dell'Ottocento, grazie all'invenzione di macchine per tagliare le pezze
di tessuto e all'introduzione del telaio meccanico jaquard. All'inizio
tali tecniche furono applicate soprattutto alle uniformi militari; con
la nascita in Francia dei grandi magazzini, i prezzi degli abiti
confezionati in serie si abbassarono notevolmente.
Corset 1890-1895
Le nuove tecniche della chimica e l'invenzione dell'acciaio introdussero materiali meno costosi: la tessitura meccanica accelerò la produzione di stoffa, così come la stampa delle decorazioni con coloranti industriali; i busti e le sottogonne non furono più rinforzati da stecche di balena, ma di metallo, facilmente riproducibile in serie. La crinolina, la sottogonna a cupola diffusa durante il periodo del romanticismo e munita di cerchi d'acciaio, fu per la prima volta indossata anche dalle donne del popolo
Corset 1890-1895
Le nuove tecniche della chimica e l'invenzione dell'acciaio introdussero materiali meno costosi: la tessitura meccanica accelerò la produzione di stoffa, così come la stampa delle decorazioni con coloranti industriali; i busti e le sottogonne non furono più rinforzati da stecche di balena, ma di metallo, facilmente riproducibile in serie. La crinolina, la sottogonna a cupola diffusa durante il periodo del romanticismo e munita di cerchi d'acciaio, fu per la prima volta indossata anche dalle donne del popolo
giovedì 9 aprile 2015
Il rammendo
Si rammenda quando si ha bisogno di riparare il tessuto strappato o rovinato.
E' importante preparare la riparazione incollando o fissando sul rovescio del lavoro una telina di sostegno,e poi cucire a macchina con piccoli punti di zig zag andando avanti e indietro( con il pulsante dedicato) per molte volte fino a quando non sentite il lavoro ben sostenuto.
Se siamo molto esperte si puo eseguire anche a mano.
Anna Stella
mercoledì 8 aprile 2015
La Maglieria
La maglia incrociata o scaldacuore,
usata dalle ballerine dopo una prova sembra derivare dal kimono..può essere chiusa con bottoni o con un nastrino.
La canotta
é una maglietta che va portata aderente,senza maiche con spalle larghe.
E' entrata nell'abbigliamento femminile negli anni sessanta .
Il Cardigan
E' un maglione senza collo aperto con bottoni.
Prende il nome dal conte Cardigan,che si narra lo indossasse sempre con i primi bottoni aperti.
Dolcevita
Greta Garbo e Marlene Dietrich,la abbinarono ai pantaloni negli anni 40 rubandola al mondo dello sport.
Il Dolcevita è un mglioncino a collo alto che copre completamente il collo, si chiama Lupetto la versione del dolcevita che lo copre a metà.
Maglia della salute
E' un capo sfruttato nei mesi più freddi questa maglia a girocollo.
T-Shirt
E' una maglietta tagliata a T con girocollo e maniche corte.
Marlon Brando la indossò bianca e diventò un simbolo.
Non ha bottoni,ne fastidiosi gancetti,Si può abbinare a tutto.
Polo
Indossata dai giocatori di polo,è una maglietta con 3 bottoni
a forma di T-Shirt con maniche lunghe o corte
Twin-set
E' un completo di maglia formato da un maglioncino con bottoni a maniche lunghe e una maglietta a girocollo portata sotto con maniche corte.
Fu Chanel a proporlo per prima negli anni venti.
Anna Stella
La maglia incrociata o scaldacuore,
usata dalle ballerine dopo una prova sembra derivare dal kimono..può essere chiusa con bottoni o con un nastrino.
La canotta
é una maglietta che va portata aderente,senza maiche con spalle larghe.
E' entrata nell'abbigliamento femminile negli anni sessanta .
Il Cardigan
E' un maglione senza collo aperto con bottoni.
Prende il nome dal conte Cardigan,che si narra lo indossasse sempre con i primi bottoni aperti.
Dolcevita
Greta Garbo e Marlene Dietrich,la abbinarono ai pantaloni negli anni 40 rubandola al mondo dello sport.
Il Dolcevita è un mglioncino a collo alto che copre completamente il collo, si chiama Lupetto la versione del dolcevita che lo copre a metà.
Maglia della salute
E' un capo sfruttato nei mesi più freddi questa maglia a girocollo.
T-Shirt
E' una maglietta tagliata a T con girocollo e maniche corte.
Marlon Brando la indossò bianca e diventò un simbolo.
Non ha bottoni,ne fastidiosi gancetti,Si può abbinare a tutto.
Polo
Indossata dai giocatori di polo,è una maglietta con 3 bottoni
a forma di T-Shirt con maniche lunghe o corte
Twin-set
E' un completo di maglia formato da un maglioncino con bottoni a maniche lunghe e una maglietta a girocollo portata sotto con maniche corte.
Fu Chanel a proporlo per prima negli anni venti.
Anna Stella
martedì 7 aprile 2015
Chanel si prepara alla vendita online
Chanel cederà alle sirene del Web? Una delle ultime grandi maisons di moda a resistere alle vendite sulla Rete potrebbe lanciare il proprio sito di vendite online il prossimo anno.
Bruno Pavlovsky, presidente delle attività moda della griffe francese, ha confidato di stare “attualmente testando questo approccio”. Pavlovsky ha poi aggiunto che questo sito potrebbe essere attivo per il lancio ufficiale verso settembre 2016, ma alcune voci riferiscono di un arrivo sul Web già nel primo trimestre dell'anno prossimo.
I profumi, i cosmetici e i solari sono attualmente i soli prodotti Chanel venduti online, soprattutto su siti di rivenditori terzi.
Benché la griffe sia stata per molto tempo refrattaria all'idea di vendere le sue creazioni su Internet, sembra che un'evoluzione in tal senso, di questi tempi, sia inevitabile. Dopo un avvio piuttosto lento, il lusso ha finalmente compreso l'importanza del mondo digitale.
Anche se le vendite di moda e di beni di lusso effettuate sul Web rappresentano ancora una piccola percentuale rispetto alla totalità del mercato, il digitale acquisirà rapidamente un'importanza sempre maggiore, sottolineava recentemente McKinsey in uno studio, pubblicato su FashionMag Premium.
Secondo questo studio, quasi la metà delle decisioni riguardanti l'acquisto di beni di lusso è già influenzata da ciò che i consumatori ascoltano o vedono in Rete, mentre le vendite online di moda femminile di alta gamma dovrebbero vedere la loro quota crescere notevolmente, passando dall'attuale 3% al 17% nel 2018, per raggiungere i 12 miliardi di dollari (11 miliardi di euro).
Il recentissimo annuncio della fusione tra i siti di vendita di moda Yoox e Net-A-Porter, che farà nascere il “più grande negozio di lusso del mondo”, non fa che confermare l'aumento del potere del Web per il settore Fashion. Un canale di comunicazione e di vendita ormai imprescindibile, che Chanel non potrà più ignorare a lungo.
Dominique Muret con AFP-Relaxnews (Versione italiana di Gianluca Bolelli)
Bruno Pavlovsky, presidente delle attività moda della griffe francese, ha confidato di stare “attualmente testando questo approccio”. Pavlovsky ha poi aggiunto che questo sito potrebbe essere attivo per il lancio ufficiale verso settembre 2016, ma alcune voci riferiscono di un arrivo sul Web già nel primo trimestre dell'anno prossimo.
I profumi, i cosmetici e i solari sono attualmente i soli prodotti Chanel venduti online, soprattutto su siti di rivenditori terzi.
Benché la griffe sia stata per molto tempo refrattaria all'idea di vendere le sue creazioni su Internet, sembra che un'evoluzione in tal senso, di questi tempi, sia inevitabile. Dopo un avvio piuttosto lento, il lusso ha finalmente compreso l'importanza del mondo digitale.
Anche se le vendite di moda e di beni di lusso effettuate sul Web rappresentano ancora una piccola percentuale rispetto alla totalità del mercato, il digitale acquisirà rapidamente un'importanza sempre maggiore, sottolineava recentemente McKinsey in uno studio, pubblicato su FashionMag Premium.
Secondo questo studio, quasi la metà delle decisioni riguardanti l'acquisto di beni di lusso è già influenzata da ciò che i consumatori ascoltano o vedono in Rete, mentre le vendite online di moda femminile di alta gamma dovrebbero vedere la loro quota crescere notevolmente, passando dall'attuale 3% al 17% nel 2018, per raggiungere i 12 miliardi di dollari (11 miliardi di euro).
Il recentissimo annuncio della fusione tra i siti di vendita di moda Yoox e Net-A-Porter, che farà nascere il “più grande negozio di lusso del mondo”, non fa che confermare l'aumento del potere del Web per il settore Fashion. Un canale di comunicazione e di vendita ormai imprescindibile, che Chanel non potrà più ignorare a lungo.
Dominique Muret con AFP-Relaxnews (Versione italiana di Gianluca Bolelli)
FASHIONMAG ITALIA
lunedì 6 aprile 2015
LA LOGICA DIETRO I BOTTONI DELLE CAMICIE
Sulle camicie da donna si trovano a sinistra, su quelle da uomo a destra. Questo per via dei cavalli, dei neonati e di Napoleone
Sulle camicie da donna si trovano a sinistra, su quelle da uomo a destra. Questo per via dei cavalli, dei neonati e di Napoleone
Le camicie e le giacche da uomo e da donna non differiscono solo in
base al taglio sartoriale, ma anche in funzione di chi le indossa. Le
camicie da uomo hanno i bottoni sul lato destro, mentre quelle da donna
li hanno su quello sinistro.
Non è una gran novità, ma è strano: ogni giorno, milioni di persone camminano con questi piccoli promemoria della disuguaglianza di genere sul petto.
Esistono diverse teorie sul perché questa discordanza esista, ma tutte giungono alla stessa conclusione: la distinzione dei bottoni è la reliquia di una vecchia tradizione che abbiamo ereditato.
Cominciamo con le camicie da uomo: i bottoni sul lato destro, l’apertura sulla sinistra. La spiegazione più comune risiede nel fatto che gli indumenti degli uomini includevano le armi.
Siccome la maggior parte degli uomini teneva la spada con la mano destra, era molto più semplice usare la mano sinistra per sbottonarsi. Prova ne sia la ritrattistica del Diciannovesimo secolo in cui gli uomini tenevano la mano dentro i panciotti.
È possibile estendere la teoria a tempi più remoti. Come riportato nell’enciclopedia illustrata Accessories of Dress di Katherine Lester, “il ruolo di cacciatore richiedeva che l’uomo sfoderasse l’arma da sinistra a destra.”
O.K., questo spiegherebbe perché i bottoni degli uomini sono a destra. Ma perché quelli delle donne si trovano a sinistra?
Una prima teoria riguarda i neonati. Dato che moltissime donne usano principalmente la mano destra, tendono anche a tenere i loro figli con il braccio sinistro, lasciando relativamente libero quello destro.
Quindi le camicie con l’apertura sul lato destro, secondo questa teoria, sono più semplici da sbottonare e permettono alle donne di allattare più facilmente.
Un’altra teoria è quella dei cavalli. Le donne cavalcavano all’amazzone, sulla destra. Quindi, nel cucire i bottoni delle loro camicie e delle loro vesti sul lato sinistro, riducevano la quantità di vento che passava dai vestiti mentre correvano al trotto.
Un’ulteriore teoria è quella della ripicca. Gli albori dell’industrializzazione – quando le pratiche di produzione degli indumenti divennero comuni – coincisero anche con i primi movimenti per i diritti delle donne.
Secondo questa teoria, i produttori manifatturieri sfruttavano ancor di più le piccole differenze negli indumenti per enfatizzare le disparità di genere. Il posizionamento del lato dei bottoni non era in questo senso tanto una pratica, quanto piuttosto una filosofia.
Storicamente, è dovuta a Napoleone la celebre posa della mano dentro il panciotto. Pare che alcune donne si prendessero gioco dell’imperatore imitando quella posa.
Pertanto, al fine di porre fine alle prese in giro nei suoi confronti, Napoleone ordinò che le camicie delle donne si abbottonassero dal lato opposto di quelle degli uomini.
La teoria più verosimile ha a che vedere con il fatto che le donne, soprattutto quelle benestanti, non si vestissero da sole. I servi, anche loro principalmente destri, dovevano spesso aiutare le donne ricche a entrare e uscire da vesti elaborate.
Questa moda si tramandò dai ricchi ai meno benestanti e la pratica dell’allacciamento da destra a sinistra rimane ancora oggi.
Quando i bottoni divennero più semplici da fabbricare e furono applicati a tutti gli indumenti, vennero comunque cuciti sul lato sinistro, in modo da permettere alle masse d’imitare lo stile dei ricchi.
Ciononostante, la questione economica divenne presto un pretesto sessista. Nel Diciannovesimo secolo, il sessuologo Havelock Ellis usò la differenziazione dei bottoni per affermare che le donne fossero, per natura, inferiori agli uomini nelle loro capacità motorie.
Gli uomini sapevano vestirsi da soli e le donne, per farlo, avevano bisogno di assistenza.
Oggi il differente posizionamento dei bottoni è una reliquia dei tempi che furono. Eppure, il ricordo obsoleto di questo dramma sartoriale, permane tutt'ora.
Oggi American Apparel vende una particolare camicia unisex. L’orientamento dei bottoni? Maschile, da sinistra a destra.
Questo è articolo è stato originariamente pubblicato in linuga inglese su The Atlantic. La traduzione è a cura di Fernanda Pesce Blazquez
The Post Internazionale
http://www.thepostinternazionale.it/…/posizione-bottoni-cam…
Non è una gran novità, ma è strano: ogni giorno, milioni di persone camminano con questi piccoli promemoria della disuguaglianza di genere sul petto.
Esistono diverse teorie sul perché questa discordanza esista, ma tutte giungono alla stessa conclusione: la distinzione dei bottoni è la reliquia di una vecchia tradizione che abbiamo ereditato.
Cominciamo con le camicie da uomo: i bottoni sul lato destro, l’apertura sulla sinistra. La spiegazione più comune risiede nel fatto che gli indumenti degli uomini includevano le armi.
Siccome la maggior parte degli uomini teneva la spada con la mano destra, era molto più semplice usare la mano sinistra per sbottonarsi. Prova ne sia la ritrattistica del Diciannovesimo secolo in cui gli uomini tenevano la mano dentro i panciotti.
È possibile estendere la teoria a tempi più remoti. Come riportato nell’enciclopedia illustrata Accessories of Dress di Katherine Lester, “il ruolo di cacciatore richiedeva che l’uomo sfoderasse l’arma da sinistra a destra.”
O.K., questo spiegherebbe perché i bottoni degli uomini sono a destra. Ma perché quelli delle donne si trovano a sinistra?
Una prima teoria riguarda i neonati. Dato che moltissime donne usano principalmente la mano destra, tendono anche a tenere i loro figli con il braccio sinistro, lasciando relativamente libero quello destro.
Quindi le camicie con l’apertura sul lato destro, secondo questa teoria, sono più semplici da sbottonare e permettono alle donne di allattare più facilmente.
Un’altra teoria è quella dei cavalli. Le donne cavalcavano all’amazzone, sulla destra. Quindi, nel cucire i bottoni delle loro camicie e delle loro vesti sul lato sinistro, riducevano la quantità di vento che passava dai vestiti mentre correvano al trotto.
Un’ulteriore teoria è quella della ripicca. Gli albori dell’industrializzazione – quando le pratiche di produzione degli indumenti divennero comuni – coincisero anche con i primi movimenti per i diritti delle donne.
Secondo questa teoria, i produttori manifatturieri sfruttavano ancor di più le piccole differenze negli indumenti per enfatizzare le disparità di genere. Il posizionamento del lato dei bottoni non era in questo senso tanto una pratica, quanto piuttosto una filosofia.
Storicamente, è dovuta a Napoleone la celebre posa della mano dentro il panciotto. Pare che alcune donne si prendessero gioco dell’imperatore imitando quella posa.
Pertanto, al fine di porre fine alle prese in giro nei suoi confronti, Napoleone ordinò che le camicie delle donne si abbottonassero dal lato opposto di quelle degli uomini.
La teoria più verosimile ha a che vedere con il fatto che le donne, soprattutto quelle benestanti, non si vestissero da sole. I servi, anche loro principalmente destri, dovevano spesso aiutare le donne ricche a entrare e uscire da vesti elaborate.
Questa moda si tramandò dai ricchi ai meno benestanti e la pratica dell’allacciamento da destra a sinistra rimane ancora oggi.
Quando i bottoni divennero più semplici da fabbricare e furono applicati a tutti gli indumenti, vennero comunque cuciti sul lato sinistro, in modo da permettere alle masse d’imitare lo stile dei ricchi.
Ciononostante, la questione economica divenne presto un pretesto sessista. Nel Diciannovesimo secolo, il sessuologo Havelock Ellis usò la differenziazione dei bottoni per affermare che le donne fossero, per natura, inferiori agli uomini nelle loro capacità motorie.
Gli uomini sapevano vestirsi da soli e le donne, per farlo, avevano bisogno di assistenza.
Oggi il differente posizionamento dei bottoni è una reliquia dei tempi che furono. Eppure, il ricordo obsoleto di questo dramma sartoriale, permane tutt'ora.
Oggi American Apparel vende una particolare camicia unisex. L’orientamento dei bottoni? Maschile, da sinistra a destra.
Questo è articolo è stato originariamente pubblicato in linuga inglese su The Atlantic. La traduzione è a cura di Fernanda Pesce Blazquez
The Post Internazionale
http://www.thepostinternazionale.it/…/posizione-bottoni-cam…
domenica 5 aprile 2015
La moda online
Con l'avvento di internet, le news di moda, le recensioni ed i portali di grande interesse per questo argomento sono letteralmente presi d'assalto, la moda è tra le news più lette online e sempre più aziende puntano a questo canale per ottenere visibilità. Quasi a dire che nell'era moderna il punto di attenzione si è spostato dalle copertine al monitor.
info wikipedia
Con l'avvento di internet, le news di moda, le recensioni ed i portali di grande interesse per questo argomento sono letteralmente presi d'assalto, la moda è tra le news più lette online e sempre più aziende puntano a questo canale per ottenere visibilità. Quasi a dire che nell'era moderna il punto di attenzione si è spostato dalle copertine al monitor.
info wikipedia
sabato 4 aprile 2015
venerdì 3 aprile 2015
<Iniziamo un nuovo appuntamento>
Tratto da
" I Segreti dell'Armadio " (R) di Anna Stella Ottolini
Abbiamo imparato a fare shopping più o meno selvaggi e utili frequentando gli outlet e agli spacci aziendali.
Ci tuffiamo con meraviglia nei mercatini del Vintage quasi dimenticandoci che nascosti nei nostri armadi,abbandonati dentro una triste busta di plastica o infilati in qualche cassetto abbiamo abiti,gonne,maglie,pantalo ni,che se tornassero a "Rivedere la luce"
potrebbero piacerci di più dopo averli trasformati che non quando li abbiamo indossati anni fa.
Nel Tempo è vero abbiamo cambiato Stile,forse Taglia ,ma teniamo tutto nell'armadio con la scusa del"Può sempre servire"
e quando decidiamo di rivederli con sorpresa ci rendiamo conto di
quanto alcuni capi possano essere ancora attuali.
Con qualche accorgimento e la fantasia possiamo rinnovare qualche capo datato e aggiungere fascino al nostro look personlizzandolo.
...Lo facciamo insieme?
Sistemiamo l'Armadio................. .........
COCO CHANEL DICEVA;
"LE MODE PASSANO ,IL NOSTRO STILE RESTA"
Tratto da
" I Segreti dell'Armadio " (R) di Anna Stella Ottolini
Abbiamo imparato a fare shopping più o meno selvaggi e utili frequentando gli outlet e agli spacci aziendali.
Ci tuffiamo con meraviglia nei mercatini del Vintage quasi dimenticandoci che nascosti nei nostri armadi,abbandonati dentro una triste busta di plastica o infilati in qualche cassetto abbiamo abiti,gonne,maglie,pantalo
potrebbero piacerci di più dopo averli trasformati che non quando li abbiamo indossati anni fa.
Nel Tempo è vero abbiamo cambiato Stile,forse Taglia ,ma teniamo tutto nell'armadio con la scusa del"Può sempre servire"
e quando decidiamo di rivederli con sorpresa ci rendiamo conto di
quanto alcuni capi possano essere ancora attuali.
Con qualche accorgimento e la fantasia possiamo rinnovare qualche capo datato e aggiungere fascino al nostro look personlizzandolo.
...Lo facciamo insieme?
Sistemiamo l'Armadio.................
COCO CHANEL DICEVA;
"LE MODE PASSANO ,IL NOSTRO STILE RESTA"
Lavori in corso venerdi 10 aprile
Lo Stile venerdi 17 aprile
Lo Stile venerdi 17 aprile
............a presto
giovedì 2 aprile 2015
La macchina da Cucire
La Tecnologia ha fatto passi molto importanti anche per quanto riguarda la macchina da cucire,che nata nel XIII secolo fu brevettata solo nel 1755 da K.F.Wiesenthal.
Ci sono macchine da cucire meccaniche ,economiche e facili da usare ma molto limitate nella scelta dei punti da eseguire.
Elettroniche,più costose ,sono dei veri e propri computer che oltre a cucire i soliti punti di cuciture e rifinitura possono diventare una stampante e ricamare.
Usare la mcchina da cucire sembra difficile ma per diventare esperte bisognafre molto esercizio e provare su pezzettini di stoffa di poco valore.
E' importante per cucire senza difficoltà che il modello che scegliete abbia il trasporto,è una marcia in più perchè non si blocchi quando il tessuto difficoltoso.
Non strattonate mai comunque il tessuto.
La sua manutenzione è molto importante,quindo oliare spesso nei punti indicati nel libretto delle istruzioni( ogni Marca ha la sua funzione).usate solo olio specializzato.
Piccoli problemi
Aggiustare la tensione ( il punto sotto è troppo molle?)
a) ago infilato male
b) ago spuntato
c)la macchina è infilata male
La macchina è bloccata
a)filo o polvere nella spola sotto
La macchina va da sola
a)il pedale può essersi bruciato o rovinato(cambiare pedale)
Il punto non viene cucito bene
a)infilatura sbagliata
b)usa sempre lo stesso tipo di filo sotto e sopra
c)prova a cambiare ago o a riposizionarlo
Salta dei punti
a)rinfila l'ago o cambia tipo di filo
L'ago si rompe spesso
a) usa il tipo di ago adatto per ogni tessuto
70/80 per tessuti leggeri 90/100/110 per jeans e tessuti pesanti
b)non tirare mai la stoffa mentre cuci
ANNA STELLA
La Tecnologia ha fatto passi molto importanti anche per quanto riguarda la macchina da cucire,che nata nel XIII secolo fu brevettata solo nel 1755 da K.F.Wiesenthal.
Ci sono macchine da cucire meccaniche ,economiche e facili da usare ma molto limitate nella scelta dei punti da eseguire.
Elettroniche,più costose ,sono dei veri e propri computer che oltre a cucire i soliti punti di cuciture e rifinitura possono diventare una stampante e ricamare.
Usare la mcchina da cucire sembra difficile ma per diventare esperte bisognafre molto esercizio e provare su pezzettini di stoffa di poco valore.
E' importante per cucire senza difficoltà che il modello che scegliete abbia il trasporto,è una marcia in più perchè non si blocchi quando il tessuto difficoltoso.
Non strattonate mai comunque il tessuto.
La sua manutenzione è molto importante,quindo oliare spesso nei punti indicati nel libretto delle istruzioni( ogni Marca ha la sua funzione).usate solo olio specializzato.
Piccoli problemi
Aggiustare la tensione ( il punto sotto è troppo molle?)
a) ago infilato male
b) ago spuntato
c)la macchina è infilata male
La macchina è bloccata
a)filo o polvere nella spola sotto
La macchina va da sola
a)il pedale può essersi bruciato o rovinato(cambiare pedale)
Il punto non viene cucito bene
a)infilatura sbagliata
b)usa sempre lo stesso tipo di filo sotto e sopra
c)prova a cambiare ago o a riposizionarlo
Salta dei punti
a)rinfila l'ago o cambia tipo di filo
L'ago si rompe spesso
a) usa il tipo di ago adatto per ogni tessuto
70/80 per tessuti leggeri 90/100/110 per jeans e tessuti pesanti
b)non tirare mai la stoffa mentre cuci
ANNA STELLA
mercoledì 1 aprile 2015
I COLORI
Abbinare i colori sembra la cosa più facile del mondo in quanto basta sapere quali tinte non vanno insieme, e quali si, e il gioco è fatto! La realtà però è ben diversa poiché la moda sta spesso “infrangendo le regole” proponendo accostamenti di colori fuori dagli schemi e creando un po’ di confusione a chi non è del tutto ferrato in materia.
Al di là di ciò per sapere come abbinare i colori dobbiamo imparare prima di tutto le regole di base e in secondo luogo prendere anche in considerazione i “nostri colori” vale a dire la tonalità di pelle e di capelli, le quali incidono sulla scelta dell’abbigliamento.
Come abbinare i colori: le regole base
Per sapere come abbinare i colori di solito si ricorre al “Cerchio di Itten” (quello nell’immagine sopra) il quale può essere un’ottima linea guida anche per noi. La regola di questo cerchio è quella di non abbinare i colori vicini tra loro, mentre si sposano perfettamente quelli in posizioni opposta.
Questo può essere un buon inizio per imparare ad abbinare i colori ma è meglio fare una rinfrescata generale sugli abbinamenti principali:
Come abbinare il Bianco: è probabilmente il colore più abbinabile di tutti infatti può essere accostato a tinte pastello o neutre, ma anche a colori caldi come il rosso. Nel caso del bianco però c’è da tener presente che i capi di questa tinta tendono ad accentuare le forme, dunque se non vogliamo questo tipo di effetto, è bene evitare di vestirsi di bianco o magari di scegliere capi troppo attillati.
Come abbinare il Rosso: questo è probabilmente il colore più difficile da abbinare in quanto, come possiamo vedere dal cerchio di Itten non va bene con il blu, il giallo, il verde, l’arancio etc. Va benissimo con nero e bianco, ed è da sempre stato vietato vicino al rosa, sebbene quest’ultimo abbinamento rappresenta una delle regole infrante dagli stilisti negli ultimi anni.
Come abbinare il Marrone: anche questo è un colore non facilissimo da abbinare. Sta bene con altre tonalità di marrone (cuoio, beige), con l’oro e con il verde. E’ vietato l’abbinamento con il nero.
Come abbinare il Nero: sta bene con quasi tutti i colori tranne che con il marrone (ad eccezione del cuoio) e il blu (ad eccezione del blu elettrico). I colori pastello vanno benissimo con il nero ma per una combinazione perfetta è preferibile scegliere colori accesi.
Come abbinare il giallo: a differenza di quanto si pensi può essere abbinato in vari modi. Il giallo sta bene con un accostamento tono su tono, con il marrone e tinte scure o ancora con il viola e il verde chiaro.
Come abbinare il blu: si abbina perfettamente con le altre tinte di blu. Da evitare gli abbinamenti con nero, rosso e giallo.
Questi sono gli abbinamenti di base per i colori principali sui quali va anche ricordato che di solito è preferibile non abbinare una tinta (ad eccezione del blu e marrone) con altre gradazioni dello stesso colore.
Come abbinare i colori in base ai nostri
Come abbiamo accennato l’abbinamento dei colori va fatto anche in base alla nostra carnagione e ai nostri capelli.
Le carnagioni scure si sposano perfettamente con il giallo e l’oro così come con i colori chiari in generale. Chi ha la pelle chiara può invece optare per un contrasto con i colori vivaci. Se parliamo invece di come abbinare i colori in base ai capelli, il biondo è senza dubbio il colore di capelli che può essere abbinato con tutte le tinte eccetto che con l’oro. Con le tinte scure chi ha i capelli biondi acquisisce un tocco di eleganza mentre toni pastello donano un tocco delicato e molto femminile.
Le more invece possono puntare su colori caldi come il rosso, il viola e il marrone abbinati magari con colori pastello. Se siete fan dei colori scuri, optate per il nero abbinato con colori accesi e evitate il grigio scuro e il blu.
Insomma queste sono le regole base per imparare come abbinare i colori ma certamente possiamo anche provare a inventare abbinamenti diversi ricordando però di cercare di indossare solo due colori alla volta
DONNA MODERNA.COM - ITALIA
Abbinare i colori sembra la cosa più facile del mondo in quanto basta sapere quali tinte non vanno insieme, e quali si, e il gioco è fatto! La realtà però è ben diversa poiché la moda sta spesso “infrangendo le regole” proponendo accostamenti di colori fuori dagli schemi e creando un po’ di confusione a chi non è del tutto ferrato in materia.
Al di là di ciò per sapere come abbinare i colori dobbiamo imparare prima di tutto le regole di base e in secondo luogo prendere anche in considerazione i “nostri colori” vale a dire la tonalità di pelle e di capelli, le quali incidono sulla scelta dell’abbigliamento.
Come abbinare i colori: le regole base
Per sapere come abbinare i colori di solito si ricorre al “Cerchio di Itten” (quello nell’immagine sopra) il quale può essere un’ottima linea guida anche per noi. La regola di questo cerchio è quella di non abbinare i colori vicini tra loro, mentre si sposano perfettamente quelli in posizioni opposta.
Questo può essere un buon inizio per imparare ad abbinare i colori ma è meglio fare una rinfrescata generale sugli abbinamenti principali:
Come abbinare il Bianco: è probabilmente il colore più abbinabile di tutti infatti può essere accostato a tinte pastello o neutre, ma anche a colori caldi come il rosso. Nel caso del bianco però c’è da tener presente che i capi di questa tinta tendono ad accentuare le forme, dunque se non vogliamo questo tipo di effetto, è bene evitare di vestirsi di bianco o magari di scegliere capi troppo attillati.
Come abbinare il Rosso: questo è probabilmente il colore più difficile da abbinare in quanto, come possiamo vedere dal cerchio di Itten non va bene con il blu, il giallo, il verde, l’arancio etc. Va benissimo con nero e bianco, ed è da sempre stato vietato vicino al rosa, sebbene quest’ultimo abbinamento rappresenta una delle regole infrante dagli stilisti negli ultimi anni.
Come abbinare il Marrone: anche questo è un colore non facilissimo da abbinare. Sta bene con altre tonalità di marrone (cuoio, beige), con l’oro e con il verde. E’ vietato l’abbinamento con il nero.
Come abbinare il Nero: sta bene con quasi tutti i colori tranne che con il marrone (ad eccezione del cuoio) e il blu (ad eccezione del blu elettrico). I colori pastello vanno benissimo con il nero ma per una combinazione perfetta è preferibile scegliere colori accesi.
Come abbinare il giallo: a differenza di quanto si pensi può essere abbinato in vari modi. Il giallo sta bene con un accostamento tono su tono, con il marrone e tinte scure o ancora con il viola e il verde chiaro.
Come abbinare il blu: si abbina perfettamente con le altre tinte di blu. Da evitare gli abbinamenti con nero, rosso e giallo.
Questi sono gli abbinamenti di base per i colori principali sui quali va anche ricordato che di solito è preferibile non abbinare una tinta (ad eccezione del blu e marrone) con altre gradazioni dello stesso colore.
Come abbinare i colori in base ai nostri
Come abbiamo accennato l’abbinamento dei colori va fatto anche in base alla nostra carnagione e ai nostri capelli.
Le carnagioni scure si sposano perfettamente con il giallo e l’oro così come con i colori chiari in generale. Chi ha la pelle chiara può invece optare per un contrasto con i colori vivaci. Se parliamo invece di come abbinare i colori in base ai capelli, il biondo è senza dubbio il colore di capelli che può essere abbinato con tutte le tinte eccetto che con l’oro. Con le tinte scure chi ha i capelli biondi acquisisce un tocco di eleganza mentre toni pastello donano un tocco delicato e molto femminile.
Le more invece possono puntare su colori caldi come il rosso, il viola e il marrone abbinati magari con colori pastello. Se siete fan dei colori scuri, optate per il nero abbinato con colori accesi e evitate il grigio scuro e il blu.
Insomma queste sono le regole base per imparare come abbinare i colori ma certamente possiamo anche provare a inventare abbinamenti diversi ricordando però di cercare di indossare solo due colori alla volta
DONNA MODERNA.COM - ITALIA
martedì 31 marzo 2015
Professione fashion blogger, sempre più influencer
C’era una volta il giornalista di moda, l’esperto. Poi, con l’avvento del web 2.0, è arrivato il fashion blogger, in apparenza e in origine un semplice appassionato, senza specifiche competenze. Ma l’apparenza, spesso, inganna e così assistiamo oggi all’evoluzione e al consolidamento di una figura professionale specifica e complessa, accostata più che al giornalista in senso stretto a un influencer tout court.
La copertina del libro di Giulia Rossi
Dopo aver ripercorso gli approcci alla moda dei principali filosofi e sociologi, l’autrice Giulia Rossi, nel suo ultimo libro edito da Pendragon 'Fashion blogger, new dandy? Comunicare la moda online' descrive nel dettaglio il fashion blog nelle sue principali tipologie, illustrandone gli esempi e confrontando questo nuovo strumento con i mass media tradizionali, per poi analizzare la figura del fashion blogger e le principali tendenze della comunicazione online della moda.
Una panoramica completa sull’evoluzione contemporanea di uno dei fenomeni più pervasivi e influenti dei nostri tempi: per comprendere come la moda, intesa come spinta all’uniformità e nello stesso tempo motore di creatività e distinzione, sappia essere anche un importante fattore di mutamento e una lente straordinaria con cui leggere la società nel suo complesso, come sottolineato nella prefazione del professor Mario Morcellini, pro rettore alle Comunicazioni istituzionali e direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università La Sapienza di Roma.
Copyright © 2015 AdnKronos. All rights reserved.
C’era una volta il giornalista di moda, l’esperto. Poi, con l’avvento del web 2.0, è arrivato il fashion blogger, in apparenza e in origine un semplice appassionato, senza specifiche competenze. Ma l’apparenza, spesso, inganna e così assistiamo oggi all’evoluzione e al consolidamento di una figura professionale specifica e complessa, accostata più che al giornalista in senso stretto a un influencer tout court.
La copertina del libro di Giulia Rossi
Dopo aver ripercorso gli approcci alla moda dei principali filosofi e sociologi, l’autrice Giulia Rossi, nel suo ultimo libro edito da Pendragon 'Fashion blogger, new dandy? Comunicare la moda online' descrive nel dettaglio il fashion blog nelle sue principali tipologie, illustrandone gli esempi e confrontando questo nuovo strumento con i mass media tradizionali, per poi analizzare la figura del fashion blogger e le principali tendenze della comunicazione online della moda.
Una panoramica completa sull’evoluzione contemporanea di uno dei fenomeni più pervasivi e influenti dei nostri tempi: per comprendere come la moda, intesa come spinta all’uniformità e nello stesso tempo motore di creatività e distinzione, sappia essere anche un importante fattore di mutamento e una lente straordinaria con cui leggere la società nel suo complesso, come sottolineato nella prefazione del professor Mario Morcellini, pro rettore alle Comunicazioni istituzionali e direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università La Sapienza di Roma.
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