I sarti italiani in trasferta a Londra
A Savile Row sono avvisati: i sarti del sud Italia sono arrivati a
Londra, dove ormai spopolano nel mercato del 'su misura'. Se ormai i
negozi delle grandi case di moda italiane (almeno nel marchio se non più
nella proprietà) rappresentano indiscussi punti di riferimento per
ricchi arabi e russi nelle strade dello sfrenato shopping londinese, da
Sloane Street a Bond Street, oggi anche gli abiti su misura made in
Italy sono un oggetto di culto per i businessmen della City.
E sono sempre di più i clienti londinesi ad aver detto addio alle storiche sartorie di Savile Row. Per affidarsi a una legione sempre più fitta di sarti italiani "in trasferta": che arrivano nella capitale inglese con in mano solo i campionari delle stoffe, lasciando nelle botteghe di Palermo e Napoli forbici, aghi e filo.
Savile Row è la strada dove c'è tutto per il gentlemen: dai cappelli ai vestiti fino alle camicie, ma anche alle scarpe ed ai dopobarba. E storicamente è la strada dei sarti: Anderson & Sheppard, Cad & the Dandy, Gieves & Hawkes, Davies & Sons, Henry Poole & Co e Norton & Sons sono tra gli altisonanti nomi degli atelier che hanno vestito per generazioni la classe dirigente inglese. Atelier che oggi, però, lavorano meno: non solo per la crisi ma anche perchè i loro clienti ora preferiscono il 'su misura' Made in Italy. E non per ragioni economiche: visto che le creazioni dei sarti del Sud Italia costano praticamente quanto quelle dei colleghi d'Oltremanica.
Come quello che realizza Guido Davì, poco più che quarantenne sarto palermitano che da qualche anno, forte della conoscenza dell'inglese, una volta al mese arriva a Londra da Palermo (la sua bottega si trova a due passi dalla centralissima Piazza Politeama) e visita le case dei clienti per realizzare per loro 'bespoke suits', espressione che definisce il 'su misura' inglese e che letteralmente significa 'i vestiti di cui abbiamo discusso'. E la sua è una storia di successo.
"A Palermo - racconta mentre mostra il campionario delle stoffe ad un cliente nella sua bella casa a Covent Garden - ero l'ultimo degli artigiani. A Londra godo di un rispetto per la mia arte di sartoria che mai mi sarei sognato nella mia città. Ed è bellissimo. A Palermo dovevo andare io appresso al cliente; qui chi mi cerca ascolta il mio consiglio, ed è innamorato di come noi italiani tagliamo i vestiti". Taglio italiano, sì, ma sempre con un tocco british: come il 'ticket pocket', il taschino sopra la tasca sinistra della giacca che è un classico del taglio inglese, cui Davì non rinuncia ma anzi consiglia ai suoi clienti d'oltremanica. E a Londra, prevalentemente per clienti britannici, lavora anche Gennaro Solito, apprezzato sartore non solo nella sua Napoli ma anche nella capitale inglese dove vanta una clientela di altissimo livello che ne apprezza il taglio napoletano delle spalline e dei petti delle giacche, che si vedono sempre più nei ristoranti di lusso e perfino nelle ovattate sale dei club per soli uomini di Pall Mall, un tempo veri e propri templi dell'eleganza inglese. Sì, i sarti di Savile Row sono avvisati.
FASHIONMAG-ITALIA
E sono sempre di più i clienti londinesi ad aver detto addio alle storiche sartorie di Savile Row. Per affidarsi a una legione sempre più fitta di sarti italiani "in trasferta": che arrivano nella capitale inglese con in mano solo i campionari delle stoffe, lasciando nelle botteghe di Palermo e Napoli forbici, aghi e filo.
Savile Row è la strada dove c'è tutto per il gentlemen: dai cappelli ai vestiti fino alle camicie, ma anche alle scarpe ed ai dopobarba. E storicamente è la strada dei sarti: Anderson & Sheppard, Cad & the Dandy, Gieves & Hawkes, Davies & Sons, Henry Poole & Co e Norton & Sons sono tra gli altisonanti nomi degli atelier che hanno vestito per generazioni la classe dirigente inglese. Atelier che oggi, però, lavorano meno: non solo per la crisi ma anche perchè i loro clienti ora preferiscono il 'su misura' Made in Italy. E non per ragioni economiche: visto che le creazioni dei sarti del Sud Italia costano praticamente quanto quelle dei colleghi d'Oltremanica.
Come quello che realizza Guido Davì, poco più che quarantenne sarto palermitano che da qualche anno, forte della conoscenza dell'inglese, una volta al mese arriva a Londra da Palermo (la sua bottega si trova a due passi dalla centralissima Piazza Politeama) e visita le case dei clienti per realizzare per loro 'bespoke suits', espressione che definisce il 'su misura' inglese e che letteralmente significa 'i vestiti di cui abbiamo discusso'. E la sua è una storia di successo.
"A Palermo - racconta mentre mostra il campionario delle stoffe ad un cliente nella sua bella casa a Covent Garden - ero l'ultimo degli artigiani. A Londra godo di un rispetto per la mia arte di sartoria che mai mi sarei sognato nella mia città. Ed è bellissimo. A Palermo dovevo andare io appresso al cliente; qui chi mi cerca ascolta il mio consiglio, ed è innamorato di come noi italiani tagliamo i vestiti". Taglio italiano, sì, ma sempre con un tocco british: come il 'ticket pocket', il taschino sopra la tasca sinistra della giacca che è un classico del taglio inglese, cui Davì non rinuncia ma anzi consiglia ai suoi clienti d'oltremanica. E a Londra, prevalentemente per clienti britannici, lavora anche Gennaro Solito, apprezzato sartore non solo nella sua Napoli ma anche nella capitale inglese dove vanta una clientela di altissimo livello che ne apprezza il taglio napoletano delle spalline e dei petti delle giacche, che si vedono sempre più nei ristoranti di lusso e perfino nelle ovattate sale dei club per soli uomini di Pall Mall, un tempo veri e propri templi dell'eleganza inglese. Sì, i sarti di Savile Row sono avvisati.
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